Money, Meat & Plastic Surgery

Quest’ultima settimana mi ha decisamente assorbita, tra giri visite padiglioni metropolitane e volantini. Un Salone del Mobile interessante, reso ancor più speciale da un Fuorisalone elettrizzante. L’annuale occasione per conoscere i più diversi punti di vista sul design, dal good design (forma, funzione e poco più) alle tendenze più vicine all’espressione artistica.

Money, Meat and Plastic Surgery si colloca proprio a quest’estremo. Negli spazi di via Ventura, tre designer hanno accostato i loro particolarissimi lavori per creare una riflessione di più ampio respiro sulla società contemporanea. Oggetti a cavallo tra arte e design, che scappano da ogni definizione per imporsi con grande forza comunicativa.

Rolf Bruggink: riciclare ciò che resta

Qual è il vero valore dei cimeli di famiglia? Dei mobili pesanti e massicci, degli ingombranti armadi appartenuti alla generazione precedente, quelli che non trovano ormai più collocazione ma da cui proprio non ci si può separare? Rolf prende i suoi vecchi arredi e li affetta per alleggerirli, lasciando solo un’elaborata facciata in dialogo con un profilo minimale, e creando un contrasto poetico che racconta il rapporto tra antico e moderno, tra tradizione e esigenze contemporanee.

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Ma ancora più provocatoria è la Recicled Currency Series, che gioca sul valore del denaro: due panchine, una costituita interamente di monetine da 5 centesimi, l’altra da dollari arrotolati. I soldi, indiscusso simbolo contemporaneo, rappresentano per chiunque solidità, certezza, possibilità. Nel diventar tasselli costitutivi di oggetti quotidiani perdono il loro valore economico per diventare qualcosa di nuovo e straniante. La domanda diventa quindi: qual è il vero valore di ciò cui noi attribuiamo valore?

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“Sedendosi su una panchina fatta esclusivamente di banconote da un dollaro arrotolate, è una strana sensazione quella di usare come oggetto pratico quei simboli che per tanto tempo hanno significato la nostra personale sicurezza e comfort”

Bora Hong: la chirurgia plastica non ci salverà

La chirurgia plastica è un abusato mezzo contemporaneo per apparire più giovani e belli al fine di raggiungere più alte posizioni sociali; allo stesso modo nel mondo del design, l’ideale del good design, quello bello e funzionale, rimane da decenni una chimera. Bora Hong veste i panni della chirurga (in senso letterale, presentava i suoi lavori con camice e mascherina) e “opera” alcune vecchie sedie per farle assomigliare all’iconica sedia Eames, quella che ha fatto la storia del bello e funzionale. Il  risultato è insolito, a parer mio vagamente inquietante, ma funziona. Quelle vecchie sedie ora sono bellissime, e fintissime, sedie Eames.

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Isaac Monté: l’arte dell’inganno e la scienza al suo servizio

Quello della decellularizzazione è un processo già in uso in ambito medico; è un particolare trattamento chimico che permette di eliminare da un tessuto la componente cellulare, lasciando un involucro vuoto e incolore.

Isaac Montè lo usa per riciclare la carne scaduta che ogni giorno viene gettata via dai supermercati: decellularizzando la pancetta ottiene una materia trasparente e gommosa che può venir incollata, tirata, tagliata e colorata, con cui realizza importanti lampadari da soffitto e delicati vasi da fiore. Le questioni che solleva questo lavoro non riguardano solo lo spreco di cibo di cui spesso non siamo consapevoli, ma anche le nuove frontiere della creazione in relazione alle nuove tecnologie.

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Tema che affronta in modo ancor più radicale nella serie The Art of Deception, L’arte dell’Inganno, costituita da una collezione di cuori di maiale decellularizzati e rimaneggiati fino ad assomigliare a cuori umani esteticamente perfetti. Se anche questi cuori non saranno biologicamente funzionanti, potranno però assolvere la funzione di rappresentare le potenzialità della scienza e l’aspirazione dell’arte alla bellezza totale.

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Non è design in senso stretto. Ma nemmeno si pone come arte in senso stretto. Piuttosto è un’occasione di riflessione e di apertura per tutti noi che guardiamo. Perchè questi designer dicono con oggetti ciò che non si può dire con le parole.

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